• Abbonati
Il ricordo

Grinta, sudore, sangue: addio Zanini “Zanna” giocatore perbene

Roberto Pelucchi, giornalista della Gazzetta dello Sport, racconta il "suo" Pierangelo, conosciuto nell'AlbinoLeffe di Piantoni, squadra composta prima da uomini poi da calciatori.

"Mister, oltre a Zanini chi farà giocare domani?". Oscar Piantoni rideva quando gli facevo questa domanda, alla fine degli allenamenti di rifinitura al campo Falco di Albino.

In quella stagione, era il 1999-2000, seguivo l’AlbinoLeffe al suo primo anno di C1 per L’Eco di Bergamo. E ogni sabato mattina, seduto su una panca dello spogliatoio, cercavo di estorcere all’allenatore la formazione del giorno successivo.

Su undici giocatori, sapevo che almeno uno lo avrei azzeccato, quello di Pierangelo Zanini. Lo chiamavano Zanna, ma per me era il "figlio" di Piantoni, "la sua coperta di Linus", come avevo scritto una volta.

L’allenatore aveva una predilezione per questo ragazzone, perché non lo tradiva mai.

Oggi diremmo che era "un Gattuso". Già, era… La notizia della sua morte è stato un colpo e mi ha riportato con i ricordi a quell’anno straordinario.

Si può dire che la favola dell’AlbinoLeffe sia cominciata proprio in quel periodo, con gente come Zanini, Del Prato, Sonzogni. Era una squadra di persone perbene, nella quale la professionalità era la qualità principale.

Non c’erano giocatori, c’erano uomini. Zanini era uno dei simboli perché aveva tutto quello che Piantoni ricercava in un calciatore.

Aveva il culto del lavoro, era serio, non aveva grilli per la testa, non era proprio lo stereotipo del calciatore moderno. Era generoso, tanto generoso, e questo lo si vedeva in ogni partita.

Era un medianaccio concreto, da lui non ti aspettavi il gol o il colpo ad affetto, ma grinta-sudore-sangue te li garantiva dal primo all’ultimo minuto, fino a uscire dal campo stravolto.

Ieri sera sono andato a riprendere da un cassetto il librone dei ritagli di quella stagione, ho riletto le pagelle e quelle di Zanini era tutte molto simili. "Corre, lotta, sbuffa. E’ l’anima dell’AlbinoLeffe". Quante volte l’ho scritto… Ed era sempre vero.

"Piantoni mi stima e sa come gratificarmi", aveva confessato Zanini in una delle rare interviste concesse. Sì, perché un’altra cosa che piaceva a Piantoni di lui era che non si metteva in mostra, che parlava poco e quel poco nei posti e nei momenti giusti. Nello spogliatoio, sul campo.

Non so se Pierangelo considerasse il calcio un lavoro e se sognasse di poter andare oltre alla C1 che, in quella stagione, sembrava essere il massimo traguardo di molti dei giocatori in rosa. Di sicuro vedeva il calcio come un gioco, lui che già a quindici anni era in prima squadra nel Gazzaniga che militava in Promozione, a incrociare i tacchetti con gente che aveva anche più del doppio dei suoi anni.

Il pallone era un pezzo importante della sua vita, ma non la vita stessa.

A Zanini non ha portato tanti soldi, sicuramente non gli ha donato la celebrità, che neppure ricercava.

Ma il calcio da lui ha ricevuto tantissimo, così come le persone che l’hanno avuto come compagno e come amico.

Roberto Pelucchi

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
leggi anche
Incidente mortale all'alba: muore un uomo di 42 anni
Tangenziale sud
Incidente all’alba a Zanica Muore Pierangelo Zanini ex di Albino e Virescit
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI