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L'inchiesta

Doni e il telefono rumeno, il gip: “Coinvolto in pieno”

Le testimonianze, le intercettazioni, l'utilizzo di un sim card che riteneva protetta prima delle partite "incriminate", la preoccupazione per l'amico Santoni, che voleva collaborare con la procura federale e ripeteva: "Possono morire...". Tutto il caso dell'ex capitano dell'Atalanta finito in carcere.

La polizia è andata a prenderlo che era ancora notte, non si era ancora alzato il giorno su lunedì 19 dicembre. Cristiano Doni si è accorto che qualcosa non andava e ha tentato di rifugiarsi nel garage della sua casa con piscina. Gli agenti della squadra mobile di Cremona ci hanno messo poco a trovarlo, a fargli indossare un giubbetto di pelle e a portarselo via, senza manette. La barba sfatta, lo sguardo basso, incredulo, un uomo di 38 anni disorientato. Prima c’è stato un passaggio in questura a Bergamo, poi il viaggio con l’alba in faccia verso il carcere di Cremona. L’arresto è avvenuto sotto gli occhi di una telecamera della polizia, per un filmato che poi, nella giornata di ieri, è finito ad una serie di giornali con tanto di marchio della polizia. E’ finito così, dietro le sbarre, l’uomo che con la maglia dell’Atalanta ha segnato più gol di tutti, l’ex nazionale, il cittadino benemerito di Bergamo. Per lui un trattamento speciale: 5 giorni dietro le sbarre senza poter vedere il suo avvocato, senza poter predisporre una minima strategia difensiva. L’intenzione degli inquirenti è chiara: farlo parlare. Provvedimenti duri, quindi, approvati dal gip di Cremona Guido Salvini, protagonista dell’inchiesta Last Bet fin da giugno.

COSA E’ CAMBIATO?

Le domande sorgono spontanee: cosa è successo a Doni? Perchè in cinque mesi è passato da semplice indagato a sorvegliato speciale dietro le sbarre? Ripercorriamo la nuova ordinanza del gip. Doni è accusato di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva, ovvero di essere stato protagonista di una serie di combine con il cosìddetto gruppo dei bolognesi di Beppe Signori, con l’ex calciatore del Piacenza Carlo Gervasoni, con l’ex allenatore del Viareggio Gianfranco Parlato, che ha collaborato con i magistrati, e alcuni amici del lido “ I Figli del Sole” di Cervia, come l’ex preparatore dei portieri del Ravenna Nicola Santoni e il socio del lido Antonio Benfenati. Quest’ultimo è la vera novità di questa seconda parte dell’inchiesta, considerato l’anello di congiunzione tra Doni, Parlato e Gervasoni. Benfenati era l’uomo che telefonava e, secondo l’accusa, combinava partite su mandato del capitano nerazzurro nel campionato di serie B 2010-2011. Rispetto al giugno scorso quindi la procura di Cremona ritiene di aver trovato più prove a carico di Doni, soprattutto per le combine su tre partite di marzo: Ascoli-Atalanta del 12/3, Atalanta-Piacenza del 19/3, Padova-Atalanta del 26/3. “Scommettevano con cadenza settimanale” sostiene il gip Salvini.

L’INQUINAMENTO DELLE PROVE E LE BUGIE

Non c’è però, solo la conferma delle scommesse. Doni mente pubblicamente nell’estate del 2011 di fronte alla Giustizia sportiva. Mente quando afferma che “ormai Santoni è un ex amico, perchè mi ha deluso e dice su di me cose non vere. Non lo sento più…”. Non è così. “Doni si dice disponibile a pagare una parte della parcella dell’avvocato di Santoni, indagato anche lui”, sostiene il gip. Poi, il 15 novembre, è d’accordo con Santoni sul fatto che sia necessario cambiare la password dell’iPhone dell’amico. Lo fa in una lunga telefonata dal suo telefono di casa, nella quale chiama “Fantozzi” l’amico preparatore di portieri, che parla tramite il cellulare di un altro conoscente romagnolo. Entrambi, Doni e Santoni, sapevano infatti che il 24 novembre la procura avrebbe disposto una perizia tecnica su quell’iPhone, tramite la polizia postale, ed "erano in fibrillazione” scrive il giudice. E’ anche per il favore economico a Santoni e per il tentativo di inquinare l’iPhone, un potenziale strumento di prova, che Doni “merita in pieno la custodia cautelare”, come dice il gip. E’ quella telefonata che convince gli inquirenti della gravità della situazione (leggi l’articolo sull’intercettazione tra Doni e Santoni).

LE PROVE SULLE SCOMMESSE

C’è poi il capitolo delle prove, quelle confermate e quelle nuove, sulle scommesse vere e proprie, sulla frode sportiva. Il gip cita prima di tutto una serie di testimonianze: quella di Massimo Erodiani, scommettitore bolognese, che a giugno spiega che il gruppo di Beppe Signori è interessato e anzi organizza per la prima volta una combine proprio su Atalanta-Piacenza, tramite il calciatore del Piacenza Carlo Gervasoni. Gianfranco Parlato spiega inoltre di aver appreso tramite Santoni che Doni avrebbe scommesso 10 mila euro su Padova Atalanta.

LA TELEFONATA DA OSIO SOPRA

Si passa poi alle intercettazioni telefoniche, che non riguardano direttamente Doni, che pure “appare coinvolto in pieno in tale vicenda. E’ il 19 marzo, giorno di Atalanta-Piacenza, e Antonio Benfenati utilizza una cabina telefonica in quel di Osio Sopra, via Donizetti (autogrill autostrada). All’altro capo del telefono c’è Gianfranco Parlato. “Lui è d’accordo ma non sol 2, sul 3…” dice Benfenati. Quel “Lui”, secondo il gip, è Doni e la partita con il Piacenza finisce 3-0, con risultato acquisito a fine primo tempo (leggi l’articolo che al termine contiene i passaggi della telefonata da Osio)

LA SIM CARD ROMENA

Nella stessa giornata Benfenati consegna a Doni, in un incontro personale, la sim card intestata al suo collaboratore romeno di Cervia, Ion Petrescu. Quella sim verrà inserita più volte, da Doni, nel suo telefonino, proprio nelle ore immediatamente precedenti Atalanta-Piacenza e Padova Atalanta, con ben 20 sms scambiati con Benfenati nel giro di un paio d’ore. Molti sms partono dalla scheda “Petrescu” anche verso il cellulare di Santoni. “Un utilizzo della scheda romena che non lascia dubbi sul suo utilizzo per combinare e alterare le partite” secondo il giudice. Tra le 12,23 e le 14,23 del 19 marzo, non appena riceve la scheda rumena, Doni utilizza quell’utenza telefonica per almeno una decina di messaggi con Nicola Santoni. Il capitano nerazzurro ha sempre con se quella sim, secondo il giudice. Ne fa ampio uso soprattutto prima delle partite, torna ad utilizzarla in modo fitto prima di Padova-Atalanta, nella serata del 26 marzo, sempre per contattare Santoni o Benfenati.

I SOLDI AL CASELLO

Prima che Benfenati arrivi a Osio Sopra e poi a Bergamo, il 19 marzo, a consegnare la sim card a Doni è fitto lo scambio di sms anche tra Parlato e Santoni, “l’amico fraterno” di Doni. Concordano fin dal mattino di trovarsi a Parma, dove secondo Parlato avverrà poi la consegna di 40 mila euro in contanti da parte di Santoni, ottenuti dal capitano dell’Atalanta, sempre secondo Parlato. “Sei andato alla grande, sei il numero uno!” dirà il giorno dopo, 20 marzo, Benfenati a Parlato, “complimentandosi della buona riuscita dell’operazione” dice il gip.

DONI NERVOSO

Il giocatore dell’Atalanta è preoccupato, secondo il giudice, sia per il clamore mediatico che le indagini a suo carico stanno sollevando fin da giugno, sia per il merito dell’inchiesta, sotto l’aspetto sportivo e sotto quello penale. E’ una circostanza provata da una telefonata con Pietro Serina, giornalista de L’Eco di Bergamo che lo chiama il 9 luglio (leggi l’articolo sulla telefonata Doni-Serina). E’ una circostanza provata mesi più tardi, il 15 novembre, dalla telefonata a Santoni, nel quale i due concordano sul tentativo di rendere illegibile l’iPhone in vista del controllo della polizia postale.

DONI SI PREOCCUPA DI SANTONI

La preoccupazione del gruppo di Cervia, che coinvolge Doni e anche Daniele Benfenati, avvocato e fratello di Antonio, esplode a fine luglio, quando la procura federale chiede un pesante deferimento per Nicola Santoni, che non ha mai collaborato con il procuratore Palazzi. “Che legnata alla Balena!” scrive Daniele Benfenati a Doni, utilizzando il soprannome che il gruppo dava a Santoni. “Più che altro è il balenu da tenere a bada in questi giorni” dirà qualche tempo dopo Maurizio Neri, altro del gruppo di Cervia. E Doni spiegherà di “aver fatto quello che mi ha detto Daniele”, in merito alla questione economica per coprire le spese legali di Santoni, secondo il gip. Doni paga l’avvocato, Daniele Benfenati è molto preoccupato, ad alcuni amici rivela “…così siamo in galera tutti…”. E la preoccupazione cresce quando Santoni, il 1° agosto, al telefono con un amico, dice “adesso faccio le mie memorie, possono morire tutti…” pensando quindi di collaborare con la Federcalcio, sostiene il gip. “Ci sono delle grandi corde per impiccagione” aggiunge Santoni in quella telefonata. E’ pronto a collaborare, ma viene trattenuto da Doni e dagli amici di Cervia.

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