E’ un particolare drammatico della vita quotidiana della famiglia Gambirasio, durante i tre mesi tra la scomparsa di Yara, il 26 novembre 2010, e il giorno del ritrovamento del cadavere, il 26 febbraio, quasi un mese fa. La mamma di Yara, Maura Panarese, ha chiamato la figlia ogni giorno, componendo il suo numero di telefono, quello stesso numero di telefono che già risultava spento dalle 18,55 del 26 novembre, perchè il rapitore di Yara, il suo assassino, lo aveva spento strappandolo con la forza alla ragazzina, o forse l’aveva tratta in inganno facendolo spegnere a lei. La mamma, che solo una volta si è presentata davanti a tutti i giornalisti lasciando parlare il marito, la mamma che fin dai primi minuti della scomparsa si era molto preoccupata, ogni giorno ha composto quel numero. "Resisti, piccola…". "Se riesci a recuperare il cellulare chiamaci, mi raccomando". "Dai, che ti riportiamo a casa". Tanti messaggi pieni di speranza, strazianti. Fino al drammatico epilogo del 26 febbraio. Una tenacia che si è rinnovata di giorno in giorno e che ora porta a chiedere giustizia. Un tenacia e una fermezza che, a differenza di alcune indiscrezioni giornalistiche, non ha mai portato la mamma a contestare l’operato degli investigatori, non ha mai portato ad una rottura dei rapporti tra la famiglia, la polizia, i carabinieri e la procura.
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