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La polemica

Lippi “assolve” la bestemmia in campo La Chiesa: sono parole molto gravi

Dalla Terza categoria alla serie A la bestemmia urlata in campo, dalla panchina, sugli spalti, ?? un must. Alla faccia del regolamento che prevede il cartellino rosso diretto a chi insulta il padreterno. In fatto di bestemmie arriva per?? il placet del vate del calcio moderno, l'eroe di Germania Marcello Lippi.

Dalla Terza categoria alla serie A la bestemmia urlata in campo, dalla panchina, sugli spalti, è un must, alla faccia del regolamento che prevede il cartellino rosso diretto a chi insulta il padreterno. In fatto di bestemmie arriva però a sorpresa il placet del vate del calcio moderno, l’eroe di Germania Marcello Lippi, che un’intervista al sito Papanews.it "giustifica" l’insulto a Dio come espressione legata solo al nervosismo. "Chi impreca lo fa più per istinto e per rabbia che per mancanza di fede o per offendere Dio – spiega il ct degli Azzurri – Per esempio in Toscana la bestemmia è quasi utilizzata come un intercalare, ma è stato un attimo e non per astio verso Dio. Perciò io non trasformerei in un dramma le bestemmie di un giocatore o di un tecnico, c’è di peggio". Lo stesso Lippi, dopo una sonoro insulto urlato qualche anno fa in panchina a causa della sconfitta contro la Slovenia, dichiarò: "La bestemmia è cultura, un modo di parlare nostro toscano". 
Dura la critica di monsignor Gianfranco Ravasi, che presiede il Pontificio Consiglio per la cultura: "Se perfino il ct della Nazionale di calcio non condanna questo fenomeno, ci sarà poco da fare. Le sue parole sono gravi e rappresentano il decadimento e l’imbarbarimento non solo del calcio ma di tutta la società moderna", perché "la bestemmia è sempre volgare e mai giustificabile, è un’offesa grave verso il Signore di cui non c’è più coscienza". In più, chi bestemmia davanti a milioni di telespettatori "lancia questo segnale diseducativo verso una platea vastissima, rischiando di creare gravi conseguenze".

 

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