“Ho cercato di rianimarla almeno fino alle tre di notte, poi ho capito che non c’era più nulla da fare”: con queste parole Massimiliano Pippia, 25 anni, ha concluso l’interrogatorio del giudice per le indagini preliminari Raffaella Mascarino, nel carcere di Bergamo, dove è stato trasferito da Trieste. Pippia, come aveva fatto in questura a Trieste e di fronte al pm Maria Esposito, ha così ricostruito le fasi dell’omicidio di Barbara Brandolini, 27 anni, di Bergamo, strangolata nella notte tra il 25 e il 26 luglio nell’appartamento di via Gasparini 19/a, dove la giovane viveva. In seguito, ha affermato l’omicida, il cadavere della Brandolini è stato trasportato da lui stesso nell’appartamento di via Pizzo Recastello 18, di proprietà dei genitori del 23enne. Il 23enne dovrà essere sottoposto ad accertamenti psichiatrici da parte di medici delegati dall’autorità giudiziaria.
Massimiliano Pippia, ex fidanzato della vittima, già in cura per gravi difficoltà psichiche, e con precedenti per detenzione di stupefacenti, ha anche spiegato di aver ucciso Barbara Brandolini stringendole le mani attorno al collo. Poi il tentativo di rianimazione, vano, e la decisione di spostare il corpo nell’altra abitazione. Il cadavere era stato poi scoperto alle 3 della notte tra il 27 e il 28 luglio dalla polizia, in seguito all’allarme lanciato da due fratellastri della vittima e dal suo fidanzato, anche perché la donna avrebbe dovuto essere ad un matrimonio sabato 26 luglio, al quale non si era presentata. Barbara Brandolini, priva di vita, era sotto un piumino nella casa di via Pizzo Recastello, nella stanza da letto dell’omicida chiusa a chiave, mentre lui era in fuga a Trieste. Lo stesso Pippia, mentre si trovava in hotel a Trieste, nella stessa notte del ritrovamento, aveva chiamato un’amica in comune con la Brandolini dicendole “Barbara non c’è più”. E a quel punto era scattata l’irruzione della polizia nell’appartamento di via Pizzo Recastello, tramite l’ausilio dei vigili del fuoco.
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