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Comitato e petizione

“No alla intitolazione di una via di Bergamo a Martin Lutero”: ecco perché

Un comitato contro l'intitolazione di una via di Bergamo a Martin Lutero. E' nato nei giorni scorsi, ha inviato una lettera al sindaco Giorgio Gori e alla presidente del Consiglio comunale Marzia Marchesi. Raccoglie firme e ha già avuto 300 adesioni.

Un comitato contro l’intitolazione di una via di Bergamo a Martin Lutero. E’ nato nei giorni scorsi, ha inviato una lettera al sindaco Giorgio Gori e alla presidente del Consiglio comunale Marzia Marchesi. Raccoglie firme e ha già avuto 300 adesioni. La petizione si può sottoscrivere anche on-line alla pagina www.citizengo.org/it

Ecco la lettera

Signor Sindaco e Signora Presidente del Consiglio comunale,

con sgomento ed incredulità abbiamo appreso che il Consiglio comunale di Bergamo, nella seduta di lunedì 19 giugno 2017, ha approvato l’ordine del giorno con il quale «impegna il Sindaco e la Giunta affinché […] si possa individuare una via importante o un altro significativo luogo o spazio pubblico della città, da intitolare a Martin Lutero».

Come Cattolici e come cittadini ci appelliamo a Voi affinché non sia dato seguito a tale proposta di inaudita gravità ed assunta sulla scia di un’onda emotiva e senza alcun reale approfondimento.
Signor Sindaco e Signora Presidente, ci rivolgiamo con animo rispettoso ai vertici dell’Amministrazione comunale che hanno il dovere di rappresentare il senso civico della cittadinanza, improntato ai valori che reggono la nostra società e che devono indirizzare ogni scelta politica: valori che, con un’attenta lettura delle fonti originali, sono estranei alla vita ed al pensiero di Martin Lutero.

Come si può facilmente leggere dalle fonti originali, in particolare le stesse opere di Martin Lutero – nelle due edizioni originali di Wittemberg (1551) e di Weimar (1883) e negli studi di importanti autori protestanti quali Emme, Brentano, De Wette e Burckhardt – costui era un criminale che «[si fece] monaco perché non [lo] potessero arrestare» e non venne mai arrestato «poiché tutto l’Ordine Agostiniano [lo] proteggeva». Nel monastero – confessa in un sermone del 1529 – sprofondò «ancor di più nel vizio» e rimase «un grande furfante ed omicida», «troppo sollecitato – scrive nel 1516 – dalle tentazioni della carne, del mondo e del diavolo», confessando di vivere una «vita sempre più prossima all’inferno», diventando «giorno dopo giorno più abbietto».

Non possiamo esimerci dal ricordare che la predicazione luterana fu la causa scatenante della Deutschebauernkrieg, la Guerra dei Contadini tedeschi con la quale Martin Lutero aizzò i signori protestanti a massacrare i contadini che volevano restare cattolici (le fonti dell’epoca stimano in 100 mila il numero dei morti). Con tali parole, infatti, sobillava ad uccidere e sterminare: «Se l’audacia dei papisti va tanto oltre, mi pare non rimanga altro se non che l’Imperatore, i re ed i principi assalgano con la forza delle armi questa peste del mondo e decidano la questione col ferro anziché colle parole. Se noi castighiamo i ladri colla forca, gli assassini con la spada, gli eretici col fuoco, perché non andiamo con tutte le armi contro questi maestri di corruzione, questi cardinali, questo papa e tutta questa ulcera cancrenosa della Sodoma romana, che demoralizza e corrompe continuamente la Chiesa di Dio. Perché non laviamo le nostre mani nel loro sangue?».

Su questa scia si collocano anche le altrettanto sanguinose persecuzioni ai Cattolici scatenate dall’odio generato dalla predicazione luterana in Inghilterra, Scozia, Irlanda e le ben sette guerre di religione in Francia. Tutti fatti che stridono palesemente con l’enorme immagine della colomba della pace che da tre anni fa bella mostra di sé sulla facciata del Palazzo comunale di Bergamo.

E che dire, ancora, riguardo all’odio predicato da Martin Lutero contro gli Ebrei? Tre anni prima di morire, egli scrisse il libro Degli ebrei e delle loro menzogne, di violenza senza pari, in cui definisce gli Ebrei «esseri tanto disperati, cattivi, velenosi e diabolici fino al midollo […], i quali in questi millequattrocento anni sono stati la nostra piaga, pestilenza, e ogni sventura, e continuano ad esserlo. […] velenose, aspre, vendicative, perfide serpi, assassini e figli del demonio, che pungono e nuocciono in segreto, non potendolo fare apertamente».

In una delle tante invettive contro gli Ebrei contenute nel libro, Lutero si chiese: «Cosa potremo fare noi Cristiani con l’odioso e maledetto popolo dei Giudei?», e con la risposta anticipò quanto divenne realtà in Germania quasi quattrocento anni dopo: «In primo luogo bisogna dare fuoco alle loro sinagoghe o scuole; e ciò che non vuole bruciare deve essere ricoperto di terra e sepolto, in modo che nessuno possa mai più vederne un sasso o un resto. […] Secondo: bisogna allo stesso modo distruggere e smantellare anche le loro case, perché essi vi praticano le stesse cose che fanno nelle loro sinagoghe. Perciò li si metta sotto una tettoia o una stalla, come gli zingari. […] Terzo: bisogna portare via a loro tutti i libri di preghiere e i testi talmudici nei quali vengono insegnate siffatte idolatrie, menzogne, maledizioni e bestemmie. Quarto: bisogna proibire ai loro rabbini – pena la morte – di continuare a insegnare. […] Quinto: bisogna abolire completamente per gli ebrei il salvacondotto per le strade, perché essi non hanno niente da fare in campagna, visto che non sono né signori, né funzionari, né mercanti, o simili. Essi devono rimanere a casa. […] Sesto: bisogna proibire loro l’usura, confiscare tutto ciò che possiedono in contante e in gioielli d’argento e d’oro, e tenerlo da parte in custodia. […] Settimo: a ebrei ed ebree giovani e forti, si diano in mano trebbia, ascia, zappa, vanga, conocchia, fuso, in modo che si guadagnino il loro pane col sudore della fronte».

È indubbio che l’odio e la persecuzione verso il popolo di Israele da parte dei Tedeschi si ispirarono alla lunga predicazione culturale di Lutero, la quale spinse il popolo germanico sino ai tragici eventi degli anni Trenta e Quaranta del XX secolo (non a caso la cosiddetta «notte dei cristalli» fu voluta proprio nel giorno del compleanno di Lutero).

Ancora tre giorni prima della sua morte, il 15 febbraio 1546, Martin Lutero tornò a predicare contro gli Ebrei: «Se i giudei non si convertono, noi non dobbiamo tollerarli. Essi sono i nostri pubblici nemici e vogliono privarci del nostro corpo, della nostra vita, del nostro onore e dei nostri beni. Siate dunque decisi con loro. Ho voluto dare questo ammonimento a voi come tedesco».

Come cittadini, padri e madri non riteniamo il signor Martin Lutero sia una persona da indicare come modello ai nostri fanciulli, ai nostri giovani ed ai nostri uomini: egli era un uomo – scrive egli stesso nel 1532 – che si «[lasciava] prendere dalla collera e dall’invidia». Non c’è, quindi da meravigliarsi se Martin Lutero stesso ammetterà che i suoi seguaci protestanti «sono sette volte peggiori di una volta. Dopo la predicazione della nostra dottrina, gli uomini si sono dati al furto, alla menzogna, all’impostura, alla crapula, all’ubriachezza e a ogni genere di vizi».

È questo l’uomo che vogliamo onorare con l’intitolazione di una via? È questo l’esempio che vogliamo dare ai cittadini? L’esempio di un uomo che riempiva le sue lettere ed i suoi sermoni di bestemmie ed invettive che lo accompagnarono sul letto di morte: «Muoio odiando il Papa. Vivo, io ero la tua peste, morto sarò la tua morte, o Papa!»?

Signor Sindaco e Signora Presidente, sulla base di questi fatti chiari ed inequivocabili – che solo la più falsa e faziosa storiografia può inutilmente tentare di sminuire, celare o negare – riteniamo, certi di interpretare i sentimenti di migliaia di nostri concittadini, che mai Bergamo possa additare al pubblico esempio, attraverso l’intitolazione di una via o di un luogo o spazio pubblico, una persona che si è macchiata di tali e tante empietà, crimini e vizi, inneggiandovi sino all’esalazione dell’ultimo respiro.

Distinti saluti.

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