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L'iniziativa

Tribunale, in scena il delitto del magistrato: “La mafia c’è anche a Bergamo” video

Nell'aula della Corte d'Assise di via Borfuro "Il Testimone", opera dedicata a Giangiacomo Montalto, ucciso da Cosa Nostra. Siniscalchi: "Giusto ricordarlo anche qui"

L’aula della Corte d’Assise del tribunale di Bergamo si è trasformata per un pomeriggio in una sala teatrale, per dar spazio alla rappresentazione  “Il Testimone”.

Un’opera sulla vita del magistrato Giangiacomo Ciaccio Montalto, il primo a indagare i rapporti fra la mafia di Trapani, legata a doppio filo con quella statunitense, e i narcotrafficanti. Montalto venne ucciso da Cosa Nostra la sera del 25 febbraio 1983, a 42 anni, da tre uomini armati mentre rientrava a casa, privo di scorta e a bordo della sua auto non blindata nonostante le minacce ricevute. Per quel delitto furono condannati all’ergastolo come mandanti Totò Riina e Marino Agate.

Scritta dal giudice Mario Almerighi e dal regista e attore Fabrizio Coniglio, la rappresentazione “Il Testimone” è diretta e interpretata da Bebo Storti e Fabrizio Coniglio. E’ la storia di un’amicizia tra il sostituto procuratore Montalto e il giudice Almerighi (presente tra il pubblico con magistrati, giudici, professionisti e ufficiali delle forze dell’ordine).

In scena un viaggio in barca, in cui i due protagonisti partono da Civitavecchia per arrivare a Trapani, luogo dove viveva il magistrato, omaggiandolo col loro viaggio, come se la giustizia avesse fatto il suo corso.

Nell’opera, che unisce elementi tragici e aspetti grotteschi, quasi comici, viene evidenziata l’umanità di Montalto, il suo grande spirito poetico e il suo profondo senso dello Stato.

“Oggi qua non giudichiamo, ma ricordiamo – ha detto il presidente del tribunale di Bergamo, Ezio Siniscalchi – . Ricordiamo Giangiacomo Montalto, un personaggio che fatto conoscere anche alle nuove generazioni. Sono passati 33 anni dalla notte in cui venne ammazzato. Ora la mafia uccide meno, ma il suo potere è rimasto intatto. E, anche se in forma minore rispetto ad altre zone, c’è anche a Bergamo. Per questo è giusto ricordare”.

Come detto tra il pubblico era presente anche il giudice Mario Almerighi, grande amico di Montalto. “Eravamo molto legati io e Giacomo  – ha raccontato Almerighi -. Avevamo in comune la passione per il mare. Un giorno, nel 1982, durante una gita in barca mi raccontò di un’indagine delicatissima. Io gli chiesi perché non aveva la scorta, e lui mi rispose che la mafia quando vuole uccidere lo fa e basta, anche con la scorta, e non è giusto far morire anche giovani poliziotti, magari padri di famiglia. Lo spessore di Montalto era questo”.

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